Vacanze da Ricchi: vietato l’accesso ai poveri in questa regione italiana | Quanto si sborsa per una settimana di ferie

Bella, ma a che prezzo? (depositphotos.com) - www.notiziesecche.it
La destinazione balneare più costosa del 2025: una settimana in albergo può superare i 3. 000 euro! Ecco le motivazioni.
Arriva l’estate e con essa i piani di partenza di tanti italiani. Il fenomeno colpisce tutti, chi in misura più intensa, chi meno. Ecco qualche numero di preambolo.
Secondo le statistiche di Coldiretti e i numeri di Rai News e Il Sole 24 Ore, 38 milioni di persone in Italia hanno passato almeno un giorno di ferie nel paese o all’estero durante l’estate del 2024.
Nell’estate del 2023, 15,6 milioni di italiani hanno scelto di partire per le vacanze nel mese di luglio, con un incremento dell’1% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
In aggiunta, nel 2022, 35 milioni di italiani hanno optato per trascorrere almeno qualche giorno in vacanza durante la stagione estiva, e si trattava ancora della fase pandemica.
La Regione costosa
Ritorniamo adesso al 2025, il quale si sta configurando come uno degli anni più onerosi per le vacanze estive, con la Liguria in cima alla classifica delle regioni balneari più costose d’Italia. Secondo un’analisi di Proiezioni di Borsa, una famiglia composta da quattro persone potrebbe dover affrontare una spesa che supera i 3. 000 euro per una sola settimana in hotel, senza contare eventuali costi aggiuntivi, gite o trasporti. L’aumento medio rispetto al 2024 si attesta intorno all’8-10%, ma in Liguria si osservano incrementi che raggiungono il 20%.
Gli aumenti riguardano sia gli hotel che i ristoranti e le spiagge, anche in aree non di lusso. Ombrelloni, lettini e servizi in spiaggia possono costare somme elevate, fino a 100 euro al giorno, specialmente per gazebo o patii riservati, che sono diventati una consuetudine nei litorali ben attrezzati!

Le ragioni dei rincari
Parte della risposta è legata a una questione irrisolta da oltre vent’anni: la Direttiva Bolkenstein. Evidenzia la fonte che è stata concepita per aprire a una maggiore competizione nel mercato dei servizi, incluso quello turistico, tramite gare pubbliche per le concessioni balneari. Tuttavia, in Italia, questa normativa non è mai stata completamente attuata. Le concessioni sono state costantemente prorogate senza gare, mantenendo un mercato chiuso e protetto, dove gli operatori esistenti fissano autonomamente i prezzi.
In aggiunta, rincara la fonte, l’inerzia politica italiana sulla direttiva ha portato a un monopolio nelle mani di pochi, impedendo la concorrenza e compromettendo la trasparenza dei prezzi e l’equità del settore. A ciò si aggiungono l’aumento dei costi energetici, l’inflazione, la speculazione e la crescente domanda da parte dei turisti stranieri. Questi ultimi, meno sensibili agli aumenti, prenotano con largo anticipo e hanno una maggiore capacità di spesa, rendendo gli operatori meno inclini a ridurre i prezzi per i cittadini italiani. Ci si chiede dunque fino a quando lo scenario resterà stagnante.