LIMITE LEGALE SUPERATO: in queste Bottiglie d’acqua ci sono sostanze pericolose | Ne basta un sorso per stare male

Rilevata sostanza tossica

Acqua pericolosa (Canva) - notiziesecche.it

In base ad alcune analisi effettuate di recente, alcuni marchi italiani, produttori di acqua in bottiglia, fanno registrare dati allarmanti.

L’acqua è un elemento essenziale per la vita, sebbene, non tutta quella che beviamo sia ugualmente sicura. Infatti, la sua qualità dipende da controlli costanti, trattamenti efficaci, e infrastrutture adeguate. Tanto che, ogni giorno, milioni di persone in Italia si affidano all’acqua del rubinetto per idratarsi, cucinare e lavarsi, confidando nella sua potabilità.

Le autorità sanitarie, effettuano analisi microbiologiche e chimiche regolari, per garantire che l’acqua rispetti i limiti di legge. E parametri come la presenza di batteri, metalli pesanti, o residui chimici, vengono monitorati proprio per prevenire rischi alla salute.

Dunque, nonostante la percezione diffusa che l’acqua in bottiglia sia più sicura, non di rado, quella del rubinetto è altrettanto controllata e meno impattante sull’ambiente. La cui differenza principale riguarda il sapore e la presenza di minerali naturali.

Naturalmente, è importante informarsi sulla qualità dell’acqua della propria zona, e utilizzare dei filtri, se necessario. Come anche il comprendere quanto sia realmente potabile, aiutandocisi a proteggere la salute, e a fare sempre scelte consapevoli; evitando, magari, sprechi e consumi inutili di plastica.

I risultati delle analisi dell’acqua

Recenti analisi condotte da Greenpeace, su 16 campioni d’acqua minerale in Italia e Germania, hanno rilevato la presenza di Tfa, l’acido trifluoroacetico, in ben 12 di essi. Test che hanno incluso otto marchi italiani diffusi, fra cui Ferrarelle, Levissima, Panna, Rocchetta, San Benedetto, San Pellegrino, Sant’Anna e Uliveto; con due campioni per ciascun marchio, analizzati sia in Italia che in Germania. Come riportato anche da ilfattoquotidiano.it, il Tfa è una sostanza altamente persistente nell’ambiente, indistruttibile e capace di diffondersi molto facilmente: quantunque, ad oggi, non esistano limiti legali specifici, per la sua presenza nelle acque minerali italiane.

Nei campioni di Ferrarelle e San Benedetto Naturale, non son state riscontrate concentrazioni rilevabili di Pfas; mentre negli altri campioni, inclusi Levissima, Panna, Rocchetta, San Pellegrino, Sant’Anna e Uliveto, il Tfa è stato rilevato in quantità variabili, fra 70 e 700 nanogrammi per litro – con i valori più alti in Panna (700 ng/l); Levissima (570 ng/l); e Sant’Anna (440 ng/l). Nessuno dei campioni, per inciso, conteneva Pfas regolamentati dalla direttiva Ue sull’acqua potabile; né altre sostanze note per la loro tossicità.

Attenzione a queste analisi
Analisi dell’acqua (Canva) – notiziesecche.it

Contesto internazionale

Indagini simili, condotte in Europa, hanno quindi confermato la diffusione del Tfa nelle acque minerali. Nel 2024, “Pesticide Action Network” ha rilevato Tfa in dieci marchi europei su 19 analizzati, con concentrazioni fino a 3.400 ng/l. Mentre Altroconsumo, ha evidenziato valori eccessivi in cinque marchi italiani. Studi che confermano, insomma, la capacità di diffusione e persistenza di questa sostanza.

La quale, nonostante sia nota dal 1998, resta scarsamente regolamentata. Tanto che recenti studi, hanno quindi evidenziato la sua tossicità e mobilità ambientale, con effetti potenzialmente dannosi per la riproduzione. Motivo per cui, la Germania ha perciò proposto – all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) – di classificarlo come “tossico per la riproduzione”, imponendo limiti a 100 ng/l, un modello che potrebbe quindi estendersi a tutta l’Europa, per proteggere la salute pubblica.