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L’animale che può vivere senza testa (e come fa a sopravvivere!)

Esistono creature capaci di continuare a vivere e muoversi anche dopo aver perso la testa: un fenomeno biologico affascinante che sfida le comuni definizioni di vita e morte.

Tra scienza e incredulità: gli animali decapitati che restano vivi

Nel regno animale, la testa è spesso considerata il centro di controllo dell’organismo: vi risiedono il cervello, i sensi principali e gran parte delle funzioni vitali. Eppure, alcune specie dimostrano che si può sopravvivere anche senza questa parte fondamentale del corpo.

Il caso più celebre è quello delle planarie, vermi piatti che, se tagliati in più parti, sono in grado di rigenerare l’intero organismo, inclusa la testa. Questo accade grazie a cellule staminali pluripotenti che permettono una rigenerazione completa. Ma non sono le sole.

Alcuni insetti, come le blatte, riescono a vivere per giorni, o perfino settimane, senza testa. La loro sopravvivenza è dovuta a un sistema nervoso decentralizzato e a un metabolismo che consente la respirazione tramite spiracoli distribuiti lungo il corpo, non tramite la bocca.

Inoltre, le lumache marine della specie Elysia cf. marginata sono state osservate separarsi volontariamente dalla propria testa per rigenerare un nuovo corpo, un fenomeno noto come autotomia cefalica, documentato per la prima volta nel 2021 da ricercatori giapponesi.

Strategie di sopravvivenza e adattamenti evolutivi

Il segreto di queste incredibili capacità sta nella plasticità biologica e nella struttura del sistema nervoso. In molte di queste specie, il controllo motorio e fisiologico è distribuito: ciò significa che non tutto dipende dal cervello o da un punto centrale.

Nel caso delle blatte, ad esempio, il cervello non controlla direttamente le funzioni vitali di base come la respirazione o la circolazione (che non dipende da un cuore centrale come nei vertebrati), e possono sopravvivere fino a morire di fame o disidratazione.

Le planarie, invece, utilizzano cellule chiamate neoblasti per rigenerare interi apparati. Questo le rende oggetto di studio nella medicina rigenerativa, poiché offrono spunti preziosi sul potenziale rigenerativo delle cellule umane.

L’autotomia cefalica delle lumache marine potrebbe rappresentare un meccanismo difensivo contro parassiti o condizioni ambientali avverse, ma è ancora oggetto di studio. Ciò che è certo è che il nuovo corpo viene rigenerato in circa 20 giorni, a partire dalla testa separata.

Una sfida alla concezione di vita animale

Questi fenomeni spingono a rivedere le definizioni classiche di morte biologica. La presenza di attività autonome anche in assenza della testa suggerisce che la vita, almeno per alcune specie, non dipende da un unico centro di comando.

Dal punto di vista evolutivo, la capacità di rigenerazione offre un enorme vantaggio: permette di sopravvivere a predatori, malattie o ferite gravi. Tuttavia, questo meccanismo non è universale, ma specifico di organismi semplici o altamente adattati.

L’interesse scientifico verso questi animali non riguarda solo la zoologia, ma anche la biotecnologia e la medicina. Comprendere come queste specie rigenerano organi e tessuti potrebbe ispirare terapie future per lesioni gravi o malattie degenerative negli esseri umani.

In un mondo dove la rigenerazione sembra ancora fantascienza per la maggior parte degli animali, queste creature dimostrano che la natura ha già sperimentato con successo soluzioni radicali alla perdita del corpo… e perfino della testa.

Carolina Valdinosi

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