ALMENO 600€: la sentenza è stata emessa | Ne hanno diritto questi italiani

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Quest’estate, state tranquilli, poiché si è pensato a tutti. Infatti, il regalo economico in arrivo è davvero favoloso.

Negli ultimi decenni, il sistema pensionistico ha subito trasformazioni significative, influenzate dall’aumento dell’aspettativa di vita, dalle evoluzioni del mercato del lavoro, e dai cambiamenti demografici. Tanto che le regole per accedere alla pensione, non son più quelle di una volta.

Un tempo, infatti, era più semplice andare in pensione con una certa stabilità economica, poiché bastavano 35 anni di contributi, e un’età inferiore a quella richiesta oggi. All’attuale, invece, l’età pensionabile si è alzata, e le condizioni per ottenere la pensione anticipata, diventate più rigide.

Inoltre, il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ha modificato profondamente il calcolo degli assegni pensionistici. Tanto che le pensioni ora dipendono maggiormente dai contributi versati durante la vita lavorativa, penalizzando spesso chi ha avuto, invece, carriere discontinue o precarie.

Nondimeno, si è allargato il divario generazionale: difatti, i giovani d’oggi rischiano di ricevere pensioni meno generose, e in età molto più avanzata, rendendo quindi urgente una riflessione sul futuro del sistema previdenziale.

Una svolta storica

Con la sentenza n. 94/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la parte della riforma Dini, che escludeva dall’integrazione al minimo, i lavoratori iscritti al regime contributivo puro: ovvero quelli che hanno iniziato a versare contributi, solo dal 1° gennaio 1996. La decisione, accolta dopo un ricorso della Cassazione, estende quindi il diritto a ricevere un assegno mensile adeguato al minimo legale – pari a 603,40 euro nel 2025 –, anche a questa categoria di lavoratori (come riportato da orizzontescuola.it).

L’assegno ordinario d’invalidità è, nello specifico, una prestazione economica dell’INPS, destinata a: lavoratori con una capacità lavorativa ridotta permanentemente, a meno di un terzo; e che abbiano versato almeno cinque anni di contributi. L’integrazione al minimo, in ogni caso, garantisce che se l’importo calcolato sui contributi è troppo basso, venga comunque corrisposto almeno un importo minimo vitale. Non a caso, prima della sentenza, tale tutela era riservata solo ai sistemi retributivo e misto, escludendo i contributivi puri.

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Dignità e fiscalità generale

La Corte ha sottolineato che l’assegno d’invalidità ha una funzione assistenziale, sostenuta proprio dalla fiscalità generale, e non dai contributi previdenziali. Pertanto, escludere i lavoratori contributivi puri, dall’integrazione al minimo, significa negare una tutela fondamentale, prima dell’età pensionabile. E questo ha portato alla dichiarazione d’illegittimità della norma la quale discriminava siffatta categoria.

Gli effetti della sentenza, decorreranno comunque, dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: senza riconoscimento di arretrati, e per tutelare la sostenibilità finanziaria pubblica, come indicato dall’Inps. Decisione rappresentante, infatti, un passo avanti importante nella tutela dei diritti sociali dei lavoratori invalidi, ampliando così le garanzie anche ai più giovani, nel regime contributivo puro.